al Bar Etna

martedì 21 febbraio 2012

Blue Jeans deriva dal francese “bleu de Genes” “blu di Genoa”. Legati a Genova



Fu qui in Italia, infatti, che venne usato un particolare tipo di stoffa telata per pescatori e marinai nelle navi dell’antica repubblica di Genova.
Il materiale proveniva dal paese di Chieri località nota per le sue industrie tessili. Inizialmente iltessuto era marrone, poi divenne blu con il “gualdo” ricavato da una pianta molto comune per il suo colore blu indaco. I pantaloni erano pensati per chi doveva fare lavori pesanti, resistenti all’acqua ed all’usura, facili da indossare. L’espressione “blue jeans” deriva dal francese “bleu de Genes” “blu di Genoa”.
 Nel 2009 in questa città venne tenuta una conferenza di tre giorni per celebrare questi fatti legati alla storia di un pantalone che si è diffuso in tutto il mondo e che è diventato il simbolo di un’epoca.

Il tessuto che invece Levi e Strauss scelsero era la saia, un panno di lana a spiga, proveniente dalla città di Nimes, in Francia. Forse era una copia della versione italiana o un tessuto uguale che venne creato indipendentemente. Ma fu la saia di Nimes che Strauss scelse per i suoi pantaloni e l’espressione “de nimes” diventò poi eventualmente “denim” per descrivere la stessa stoffa. Levi era un immigrato dalla Baviera di nome Loeb dove era nato nel 1829. La sua famiglia era una famiglia di commercianti. Nel 1824, all’età di 24 anni, vide una opportunità nella corsa verso l’oro della California e decise di emigrare andando verso occidente. Aveva delle tele che intendeva usare come copertura o tende, ma quando scoprì che gli uomini di quei luoghi avevano bisogno di pantaloni fatti di stoffa resistente, iniziò a farli con quella tela che aveva. Quando si rese conto che erano buone ma si restringevano, cambio tessuto adottando la tela “denim”.

Uno dei suoi clienti era un sarto di nome Jacob Davis, della città di Reno, il quale acquistava tessuti da Strauss e cuciva i suoi pantaloni. Davis aveva saputo che le tasche si sfondavano facilmente e così ebbe l’idea di rinforzarle con chiodi metallici nei punti deboli. Decise di brevettare l’idea ma non aveva abbastanza denaro per affrontare le spese. Scrisse a Strauss e gli chiese se fosse interessato alla cosa. Strauss accettò e oggi, 20 maggio 1873, i due ricevettero dall’ufficio federale il brevetto numero 139,121 con questa dicitura: “Per migliorare la chiusura ed apertura delle tasche”.

Negli anni venti i jeans divennero molto popolari specialmente tra i lavoratori incaricati di lavori usuranti. Negli anni trenta si diffusero a Hollywood con immagini di cowboys a cavallo che indossavano jeans. Così si diffusero rapidamente nella costa orientale degli USA. Durante la seconda guerra mondiale questi pantaloni venivano usati sia dagli uomini che dalle donne in gran parte delle fabbriche. Gli jeans femminili si distinguevano da quelli maschili per avere la zip al fianco invece che di fronte. Gli anni cinquanta videro la grande diffusione di massa. Gli jeans divennero lo “status symbol” giovanile. James Dean indossava jeans nei suoi film, insieme a giacconi di pelle. Marlon Brando in “Fronte del porto”Jack Kerouac li portava con camicie sgargianti sin dagli anni quaranta e per tutti gli anni sessanta divennero il simbolo di un modo di vivere, pensare e forse non più lavorare. Artisti, bohemiens, figli dei fiori, contestatori, giovani arrabbiati e vecchi intellettuali sempre giovani continuano a non disdegnarli abbinandoli a sandali ed altri ammennicoli.
Negli anni sessanta entrarono a far parte del mondo della pubblicità e diventarono anche simbolo di controcultura tanto che dagli anni settanta ormai fanno parte del sistema. Ci sono persone, intellettuali e non, che li indossano sempre. John Grisham ha detto: “Gli scrittori sono capaci di indossare di tutto. Io personalmente potrei portare una cravatta scura su un jeans per una cena di gala a New York, con ai piedi un paio di stivali ed un cappello da cowboy. La gente appena mi vedrebbe, anche senza riconoscermi, sarebbe pronta ad esclamare: “E’ uno scrittore!”. Ecco allora spiegato perchè questo post non è OT: tutti coloro che hanno a che fare con i libri indossano blue jeans. Anche questo vecchio bibliomane!

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